Kristina Kondratyeva, la crisi come opportunità di rinascita

La vita è una giostra. Saliscendi continuo di cose belle e brutte. Grandi emozioni e feroci tribolazioni, gioie e dolori, crisi e rinascite. Sono un’esperta in crisi ne ho attraversate tante e ho sempre trovato la forza per affrontarle. Questa è la mia storia. Sono nata nell’URSS, sono temprata alle difficoltà. La storia della vita dei miei genitori sembrava indurirmi ancor prima che nascessi. Il loro amore sembra un romanzo di Boris Pasternak. Un amore bello e avventuroso come quello tra il dottor Živago e Lara. Con la differenza che il loro amore non ha un finale triste. I miei non avrebbero dovuto incontrarsi, ma il destino scrive delle trame degne della grande letteratura. Nel 1935, la famiglia di papà, Efimov Leonid, fu espulsa dalla regione di Leningrado nell’insediamento speciale della città di Ivdel negli Urali sulla base di una denuncia anonima di utilizzo di manodopera salariata. Ufficialmente, furono autorizzati a lasciare l’insediamento speciale solo nel 1947. Ma non c’era nessun posto dove andare. La casa, la barca, il negozio, gli animali, tutto fu confiscato nel 1935. Si ritrovarono immersi nella povertà più nera. Dopo la scuola, papà ha studiato in una scuola tecnica industriale nella città di Krasnoturinsk. Poi per due anni ha lavorato prima come meccanico di strumenti di posizione e dispositivi automatici, poi come caposquadra nella città di Dzhezkazgan (Kazakistan). Sognava di entrare in una delle università più prestigiose di Mosca: l’Istituto di fisica e tecnologia. Mosca divenne il luogo dell’amore per mia madre e mio padre. Evidentemente Cupido abitava qui e con le sue frecce ha fatto nascere un amore duraturo. Nemmeno mia madre Nina Neprintseva ha avuto un’esistenza facile. Sua nonna ha cresciuto lei e altri due fratelli da sola: suo marito è morto al fronte. Non c’erano abbastanza soldi nemmeno per i bisogni semplici, ma allo stesso tempo mia madre ha sempre amato i teatri: recitava nelle recite scolastiche, si cuciva bei vestiti, imparava il cinese e adorava la vita metropolitana secolare. Sapete dove papà ha chiesto la mano di mia mamma? Sull’autobus, come in un film romantico. Facevano la stessa corsa in bus, che li portava al lavoro. Papà arrivava presto e “manteneva” il posto per la mamma. Si dice – almeno così narra la leggenda di famiglia – che papà avrebbe chiesto a mia madre non solo di sposarlo ma pure di fare dei figli insieme… Come dite voi in Italia, non ha perso tempo. Il lieto fine, anzi inizio, è dunque pronto. Arriva il matrimonio e poi io. Mi chiamano Kristina come l’eroina del film “Edgar and Kristina”, una vecchia pellicola in bianco e nero prodotta ai tempi dell’URSS. Non lo avevo mai visto e fantasticavo su chi fosse questa Kristina e sul perché mai avessero scelto quel nome per me. La immaginavo una principessa felice delle fiabe, ammirata e corteggiata dai cavalieri dal cuore puro. Purtroppo mi sbagliavo. Kristina era una domestica innamorata di un tipo scorbuto, che passava il tempo ad ubriacarsi e spendere soldi. No, decisamente non era il cavaliere protagonista delle mie elucubrazioni. Forse è per questo che, istintivamente, non amavo molto il mio nome. Era insolito, per quegli anni. All’asilo mi prendevano in giro. Si divertivano a distorcere il mio nome, ricordando tutte le parole ridicole che iniziano con la lettera “K”: kefir, croce, cestino, croce. A casa, invece, tutti mi chiamavano in modo diverso: mamma Krisenka, nonna Krestik, papà Kri in breve, e mio fratello solo “sorella”. Sono abituata al fatto che non ho un nome, ognuno ha qualcosa di proprio. Quando è arrivato il momento di dare un nome alla mia galleria, allora il mio nome è tornato utile. Ho sempre amato la cultura, mia mamma mi ha insegnato ad apprezzare i classici della letteratura russa. La lettera di Tatyana dall’opera “Eugene Onegin”, la ricordo a memoria. Ho frequentato la scuola con profitto, ma quando ho finito non avevo idea di come proseguire. Non sapevo in che direzione far continuare i miei studi. Così non li ho finiti. Mi sono concentrata sulla mia vita privata, ho sposato un bel ragazzo ebreo e sono andata via con lui in Israele. Era il 1998. In quegli anni, la Russia viveva una crisi tremenda. Io, vivendo in Israele, la vedevo come una cosa lontana da me. Ma mi fu offerto di tornare in patria, grazie ad un’allettante proposta: mi avevano offerto un lavoro come direttrice di un negozio di abbigliamento femminile multimarca. Non potevo dire di no. Ma il ritorno a casa fu duro, il rublo si era svalutato oltre ogni misura e non riuscivo ad andare avanti. Così mi sono rimboccata le maniche e ho deciso di ripartire dall’istruzione. Dovevo riprendere i miei studi. Così ho studiato come critico d’arte presso l’università principale di Mosca, intitolata a M.V. Lomonosov. Gli anni passano e le cose sembrano andare per il meglio. All’epoca gestivo uno spazio artistico, avevo uno stipendio… non potevo dire che toccavo il cielo con un dito, ma stavo bene. Così bene che mi sono detta: adesso posso permettermi un appartamento mio. Il mio responsabile finanziario, per farmi risparmiare, mi consiglia di accedere ad un mutuo in dollari. Il cambio rublo/dollari era conveniente e dunque era il caso di approfittare. In quel 2007 mi sentivo parte di un sogno che si stava realizzando. Ma nel 2009 arriva l’incubo della crisi economica internazionale. Lo scandalo della Lehman Brothers ha creato un effetto domino, che ha danneggiato milioni di abitanti nel mondo (compreso me). In pratica, da quel momento in poi, il vantaggio diventava svantaggio. Mi ritrovavo, di fatto, a vivere per pagare il mutuo. La situazione era diventata insostenibile. Ma non mi arrendo, mi rimbocco le maniche, torno in una casa in affitto ed apro una galleria d’arte che chiamo “Christina”. Le cose vanno bene, sostengo artisti nazionali ed organizzo eventi culturali. Ma arriva un’altra crisi nel 2014. Ricordo ancora il momento in cui mi accorsi che la buona sorte mi aveva abbandonato. Ero ad Hong Kong, con degli amici, invitata per una mostra di icone della mia galleria nell’ambito del Russian Art Festival. Andai per negozi, volevo fare shopping ma non potevo comprare nulla. Solo per una serie di coincidenze, riuscì a pagare il biglietto aereo in business class. Sembrava finalmente finita, un’altra crisi era stata superata. Non avevo tenuto conto del Covid, che ha messo in ginocchio il mondo intero. Avevo tanti progetti, tutti andati in fumo. In quel periodo, mi sono buttata nella lettura e ho deciso di diventare una blogger e di muovermi su Instagram. Ho assunto lo pseudonimo di Christina O’Krein. Questo 2022 ha portato nuove sfide. Roskomnadzor, Il servizio federale per la supervisione delle comunicazioni, ha inserito Instagram nel registro delle risorse con accesso limitato in Russia. Capisco che è giunto il momento per darmi ancora da fare. Ho ideato vestiti con il mio brand @kristina_o_krein, ma sono ancora nella fase iniziale, devo trovare i finanziamenti. Per ridurre i costi devo chiudere sia la produzione di abbigliamento che la galleria d’arte, che sta passando alle mostre itineranti. Le prospettive per il futuro non sono ancora chiare, così ho ripreso a studiare: mi sono iscritta ai corsi statali presso l’associazione di guide-traduttori e guide turistiche, mi sono laureata, e sono tornata a fare lezioni. Adesso conduco escursioni online su vari siti a Mosca e faccio anche previsioni astrologiche secondo il sistema cinese Bazi. Non temo le crisi, per me sono un’opportunità per ripensare a me stessa e ripartire.

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