Calzature made in Italy: nel 2019 è calata la produzione

È un anno in chiaroscuro per le calzature made in Italy: nel 2019 è calata la produzione (-2,9% in quantità rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente) e gli acquisti delle famiglie (-3,3% in quantità) a fronte di una performance positiva dell’export (+6,7% a valore). I dati sono stati evidenziati nella nota congiunturale del Centro Studi Confindustria Moda per Assocalzaturifici relativa ai primi nove mesi 2019.

Il rapporto rileva un divario crescente tra le performance delle griffe e le piccole imprese: oltre la metà del campione dichiara un arretramento rispetto ai livelli di produzione dell’anno precedente.

«Il successo delle nostre calzature all’estero, che conferma l’appeal del made in Italy sui mercati internazionali è ridimensionato dalla contrazione nei volumi che si traduce in una flessione della produzione e degli addetti», ha sottolineato Siro Badon, presidente Assocalzaturifici. «In questo momento di sofferenza dei consumi interni dovremmo tirar fuori l’orgoglio nazionale e sostenere le nostre imprese acquistando più scarpe italiane. Quelle creazioni sfornate da piccoli produttori che tutto il mondo ci invidia. Al comparto ribadisco ancora una volta che è necessario puntare sempre di più sui giovani e sull’innovazione. Le nostre aziende», ha aggiunto, «stanno vivendo una delicata fase contrassegnata dal ricambio generazionale ma soprattutto innovando le piattaforme di business a loro disposizione. A febbraio, alla prossima edizione di Micam, la manifestazione fieristica di riferimento per il comparto, debutterà Micam X per raccogliere le proposte più innovative e tecnologiche intorno a tre temi chiave: materiali, retail e sostenibilità, driver per intercettare le esigenze e i mutati stili di vita del consumatore».

Per quanto riguarda i consumi interni gli acquisti delle famiglie hanno registrato una contrazione del 3,3% in quantità nei primi nove mesi, con un -2,6% in valore. Unico comparto in espansione quello delle calzature sportive e sneakers (+1,5% in volume e +3,5% in spesa). Battuta d’arresto invece per le scarpe «classiche» per uomo (nell’ordine del 10% in volume) e donna (-6%). Tra le poche performance positive quella dell’export, che segna una crescita del 6,7% in valore, grazie al terzismo per le griffe del lusso, a fronte comunque di un calo in quantità (-0,8% nei primi otto mesi dell’anno, ma che sale fino al -4,2% per le calzature in pelle) e un prezzo medio in ascesa del 7,5%. Tra i mercati, brillano Svizzera (+24,2% in valore) e Francia (+9% sia a valore che a volume), mentre permangono difficoltà verso Germania (-8,7% in volume), Russia (-18,5%) e Medio oriente (-14%), con una flessione del -12,8% in volume per gli Emirati Arabi. Rafforzamento dell’export verso gli Usa (+11,6% a valore) e Far East (+9,2% globalmente). L’aggregato «Cina+Hong Kong», divenuto il 5° mercato di sbocco in valore, mostra aumenti del 3,1% in volume e dell’8,5% in valore.

Torna in alto