Terremoto ai vertici dei colossi Usa della moda

2019 ha terremotato i vertici della moda Usa. È una lista da record, infatti, quella dei CEO della moda americana che nel 2019 hanno lasciato il proprio ruolo, segnando, per motivi diversi, la fine di un’era. L’ultimo in ordine di tempo a dimettersi è stato Art Peck, numero uno di Gap Inc, che verrà ora sostituito ad interim da Robert J. Fisher, figlio del defunto fondatore di Gap Don Fisher e già non executive chairman del board. L’annuncio è arrivato in nel pieno della fase di ristrutturazione del gruppo Usa che, entro il 2020, potrebbe dividersi in due società quotate in Borsa, una rappresentata dallo spin off di Old Navy.

Oggi Old Navy genera circa metà (47%) dei ricavi del colosso e continua, si legge sulla stampa americana, ad avere margini migliori degli altri brand in portfolio (Gap, Banana Republic, Athleta e Hill City). Nel 2018 Gap Inc ha aperto 75 nuovi store di Old Navy per rispondere a una domanda crescente. Peck ha trascorso ben 15 anni nel gruppo Gap Inc, diventandone il CEO nel 2015. Nel terzo trimestre del 2019 le vendite del gruppo sono diminuite del 4% (Gap -7%, Banana Republic -3% e Old Navy Global -4 per cento). Per i 12 mesi il retailer stima ora utili rettificati per azione nel range tra 1,70 e 1,75 dollari, rispetto alla precedente guidance (da 2,05 a 2,15 dollari).

A uscire da un gruppo in cerca di una ripartenza è anche Kevin Plank, fondatore e CEO di Under Armour, che lascerà la carica di amministratore delegato del brand sportswear di Baltimora dopo oltre vent’anni. Plank resterà in azienda in qualità di executive chairman e brand chief. A subentrare al suo posto sarà, dal 1 gennaio 2020, Patrik Frisk, presidente e chief operating officer del brand dal 2017.

La notizia del ridimensionamento di Plank è stata ufficializzata lo scorso 23 ottobre, parzialmente oscurata da quella del cambio al vertice di Nike. L’azienda numero uno dello sportswear ha infatti annunciato che nel 2020 Mark Parker lascerà l’incarico di CEO della società e ne diventerà presidente esecutivo. Il ruolo di amministratore delegato sarà invece affidato a John Donahoe, con cui, spiega la nota di Nike, Parker “continuerà a lavorare da vicino”.

Donahoe è l’attuale presidente e CEO di ServiceNow, società americana di cloud computing con sede a Santa Clara, in California, ed è nel board di Nike dal 2014. Tra le sue collaborazioni si contano, inoltre, quelle con PayPal Holdings e con eBay. Il suo profilo suggerisce la volontà, da parte di Nike, di proporsi con un’immagine nuova. “Dopo aver trasformato l’e-commerce e le app in elementi centrali delle sue operazioni – spiega Bloomberg -, Nike sta compiendo il passo logico successivo: assumere un CEO dal mondo tech. Il fatto che il colosso dello sportswear abbia scelto John Donahoe, ex capo di eBay, per sostituire il CEO Mark Parker dal prossimo anno, è segno del fatto che Nike vuole essere vista anche come player della tecnologia”.

Segna la fine di un’era nel panorama moda e retail americano anche l’addio del CEO Victor Luis al gruppo Tapestry. A guidare ad interim il gruppo americano (controllante dei brand Coach, Kate Spade e Stuart Weitzman) sarà Jide Zeitlin, già presidente del board dal 2014. Luis, a capo del gruppo dal 2014, ha guidato il processo di acquisizione dei brand Stuart Weitzman e Kate Spade con l’obiettivo di creare un conglomerato high end di portata globale, capeggiato dalla locomotiva Coach, dopo aver costruito con successo l’attività dell’azienda in Cina. “Sono orgoglioso di aver guidato le persone di talento di Tapestry e della cultura radicata nell’ottimismo, nell’innovazione e nell’inclusività che abbiamo costruito”, ha commentato Victor Luis in una nota.

Tra le dimissioni di rilievo registrate nel 2019, ci sono, infine, quelle di Devin Wenig, CEO di eBay, Marla Beck, numero uno di Bluemercury (Macy’s), Steve Shiffman, CEO di Calvin Klein, e Scott Key, al vertice dell’insegna di abiti da sposa e da cerimonia David’s Bridal

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