Federica Minozzi, la regina della ceramica: “Credo in questo materiale, una farfalla dall’anima di titanio”

“Piastrelle? Macché piastrelle. Semmai parliamo di ceramica visto che lavoriamo soprattutto su grandi superfici. E dirò di più. L’immagine che ho coniato per questo materiale è quella di una farfalla leggiadra con un’anima di titanio”. Ha le idee chiare Federica Minozzi, ceo di Iris Ceramica Group. Francamente l’immagine della “farfalla leggiadra con un’anima di titanio” sarà stata coniata per la ceramica ma va molto bene anche per lei. Federica è una donna giovane, solare e carismatica che sa ridere ma soprattutto sa fare il suo mestiere di leader di un’azienda con 1.500 dipendenti e oltre 500 milioni di fatturato. È un’anglofila appassionata con un’ ammirazione sconfinata per la Regina Elisabetta. Federica però non si sente regina, a giudicare dal suo metodo e dal suo approccio al lavoro e al rapporto con gli altri, si ispira di più alla tavola rotonda di Re Artù: primus inter pares. Lo scettro (di Iris Ceramica Group), visto che comunque si parla di regalità, glielo ha consegnato suo padre, Romano Minozzi che ha 87 anni, – che secondo Forbes ha un patrimonio di 1,5 miliardi di dollari – ma che è sempre presente con i suoi consigli e la sua esperienza.

Federica è un’ottimista (come deve essere ogni imprenditore), una visionaria come scopriremo in seguito, e così come i Grandi Monarchi del passato erano Difensori della Fede, lei, contemporanea, appartiene alla categoria dei Difensori dell’Ambiente per quanto crede e quanto lavora per la sostenibilità. Lo dice subito dando la sua definizione proprio alla ceramica: “È un materiale multifunzionale che allo stesso tempo dà un senso di leggerezza importante. È la materia prima ideale per realizzare soluzioni inedite che migliorino l’interazione tra uomo e ambiente”. Ecco la storia e gli obiettivi di Federica Minozzi, raccontata da lei, rispondendo alle domande di Forbes.

Cominciamo dal principio. C’era una volta… 
C’era una volta la mia famiglia e c’è ancora. Mio padre Romano Minozzi, 87 anni, ha fondato l’azienda nel 1961 ed è presidente. La ceramica è sempre stata parte della mia vita, ricordo che con le mie cugine da piccole giocavamo alla compravendita dei campioni di maioliche. Volevo fare la criminologa o la scrittrice ma non avevo il coraggio di dirlo a mio padre, e ho pensato: “Va bene, proviamo”. Poi mi sono innamorata della ceramica e appassionata alla possibilità di creare miei progetti e realizzarli. 

Donna, carismatica, figlia del proprietario. Tutto facile fin dall’inizio?
Al contrario. All’inizio è stato impegnativo, in un settore prettamente maschile. Ero molto giovane e figlia del proprietario. C’erano giudizi e pregiudizi nei miei confronti e ho dovuto dimostrare da subito di avere più capacità degli altri. In azienda ho iniziato lavorando in fabbrica. Ho dovuto fare un percorso di crescita non solo professionale ma anche personale per arrivare dove sono.  

Poi avrà salito qualche gradino.
Sì, è stata una lezione di vita. Lavorare con un padre che è un imprenditore molto riconosciuto e di grande successo non è facile. Sono una perfezionista e pretendo molto da me stessa. Questo mi ha sempre spinta a lavorare con determinazione per raggiungere gli obiettivi che mi davo. Mio padre è una persona estremamente esigente mi ha sempre detto che, essendo sua figlia, avrei dovuto dimostrare di lavorare di più, di valere di più di qualsiasi altro manager. Lo ha fatto: mi ha sempre giudicata in modo severo e pretendendo da me di più che da altri.

Sulla base della sua esperienza preferisce lavorare con gli uomini o con le donne?
Credo che il miglior ambiente di lavoro sia quello in cui c’è un equilibrio tra presenze femminili e maschili. Ogni persona è diversa e quindi generalizzare è sbagliato, ma noto che le donne tendono a essere più analitiche, più sensibili e attente ai dettagli e sono propense all’ascolto. Gli uomini invece sono meno timorosi nel decidere e vanno alla sintesi. I diversi approcci e le diverse visioni mi aiutano a valutare in modo più completo le decisioni che prendo.

Come dovrebbe impostare un manager il rapporto con i collaboratori?
Bisogna essere autentici e coerenti nel guidare secondo i propri valori. È cruciale riuscire a creare engagement sulla visione per generare l’entusiasmo e la passione necessari affinché ogni collaboratore si senta parte del progetto e imprenditore nella propria area di competenza.

Come si fa, così giovani, a guidare un’azienda da 500 milioni di fatturato?
Ci vogliono costanza, determinazione, passione e tanta curiosità per cercare sempre nuovi spunti e nuove idee da portare in azienda e da realizzare. Poi è necessario avere grande sensibilità per percepire i cambiamenti e anticiparli, per essere sempre almeno un passo avanti. 

Sempre a caccia di nuove idee. Qual è il suo segreto?
Le migliori ispirazioni mi sono venute studiando realtà di successo fuori dal nostro settore di riferimento, da mondi anche molto diversi, come Lego e M&M’s. Per esempio, uno dei nostri progetti è nato prendendo spunto da M&M’s che stampava le foto sulle caramelle. Mi sono detta: il mondo consumer vuole un prodotto personalizzato. E così abbiamo messo a punto una tecnologia all’avanguardia e innovativa: Design Your Slabs, che ci permette di creare design customizzati e unici sulle nostre lastre.

C’è un consiglio che avrebbe voluto seguire e che invece non ha seguito?
Vorrei aver iniziato la mia carriera in un’azienda diversa, magari anche all’estero. Credo mi avrebbe consentito di acquisire più rapidamente la consapevolezza delle mie capacità e dei miei limiti e mi avrebbe permesso di portare punti di vista esterni in azienda. Ma è andata bene lo stesso.

Già. Infatti oggi…
Oggi abbiamo tre hub industriali: uno in Italia, uno negli Stati Uniti e uno in Germania. Abbiamo poi diversi rami commerciali, una famiglia di 1.500 dipendenti e un fatturato consolidato di 500 milioni di euro.

E quanti brand?
Abbiamo otto marchi principali. Uno, Seventyonepercent, è nato l’anno scorso ed è una linea di arredo bagno di lusso realizzata in parte in ceramica in collaborazione con Paolo Castelli. In questi giorni stiamo lanciando anche il brand Bottega d’Arte che vuole rappresentare una rinascita dell’arte ceramica tradizionale. Vogliamo infatti rivalorizzare la grande storia dell’artigianalità e dell’handmade

Quale è quello a cui è più legata sentimentalmente e quello che invece ha più potenzialità?
Alla prima parte della domanda rispondo con Fabbrica Marmi e Graniti, un brand che è stato un grande successo. È stato concepito da me nel 1998 e tutta la filosofia, di quel ramo d’azienda, errori compresi,  è nata con me. Nel 2007 fatturava 93 milioni di euro. Tra i nostri brand Fiandre è quello con più potenziale in ambito architettura avendo da sempre operato ad altissimi livelli: offriamo materiali e servizio di elevata qualità. Siamo sempre di più nel mondo del lusso perché vogliamo ridare alla ceramica la nobiltà che merita.

Un tempo la ceramica era simbolo del lusso, poi è diventato un prodotto di massa, e ora prova a ritornare in alto. Cosa sta cambiando?
Stanno cambiando gli stili di vita. Oggi lusso significa prima di tutto vivere bene. E la ceramica aiuta a creare un ambiente dove si vive bene. In Inghilterra la ceramica, intesa come la porcellana di pregio, riporta by Appointment to Her Majesty the Queen a dimostrazione che poterla produrre è un privilegio. Ma deve essere di grande qualità. La ceramica ha accompagnato l’uomo sin dall’antichità, dalla scoperta del fuoco. Il concetto di piastrella, frutto dell’industrializzazione, è divenuto purtroppo, nel corso degli anni, un termine di basso profilo. La nostra idea è creare un perfetto amalgama tra arte, storia, cultura e qualità.

Il mercato del lusso apre un’infinità di nuove frontiere.
A livello geografico siamo già presenti in 170 Paesi del mondo. Ma l’obiettivo è entrare in canali distributivi diversi creando soluzioni personalizzate ed esclusive con i nostri materiali. Abbiamo lanciato una collezione in collaborazione con il designer Guillermo Mariotto che unisce il know how tecnologico e la nobiltà della ceramica all’estro creativo del designer. L’idea è di entrare nel mondo fashion e in quello dell’arredo perché sappiamo che c’è grande richiesta di materiale di pregio. Il nostro obbiettivo è portare benessere e bellezza negli ambienti.

Siete partiti dalla terracotta e avete costruito tanta innovazione. Chi ha immaginato questo percorso?
Una delle cose che mi ha fatto innamorare della ceramica è il suo essere un ossimoro: è apparentemente fragile ma ha caratteristiche tecniche incredibili. Mio papà ha fondato l’azienda sul pionierismo imprenditoriale e io ho ereditato per osmosi la cultura di cercare sempre nuove sfide. L’Inghilterra è l’amalgama perfetto tra spinta estrema verso il nuovo e conservazione della tradizione. Noi a nostro modo siamo simili perché siamo orgogliosi del nostro heritage ma al tempo stesso investiamo costantemente sull’innovazione.

Con il territorio che rapporto avete? 
Abbiamo sempre investito molto sul nostro territorio. Penso soprattutto alla sanità, acquistando attrezzatura all’avanguardia per gli ospedali, alla parte artistica e culturale e alla parte sociale. Durante il Covid, abbiamo aiutato famiglie senza mezzi a disposizione per la didattica a distanza. Supportare i giovani nello studio e nelle passioni per noi significa contribuire a un futuro migliore.

Nella vostra storia c’è sempre stata molta attenzione alla sostenibilità. Adesso è di gran moda.
È vero, adesso è di gran moda ma noi siamo arrivati molto prima. Siamo nati con la sostenibilità. Mio padre negli anni ’60 appendeva cartelli che riportavano l’equazione Economia = Ecologia. Non si può pensare a un’economia che resista nel tempo se non si ha cura dell’ambiente circostante. Nel 1972 è stato realizzato un evento a Bologna chiamato Pollution, per una nuova estetica dell’inquinamento che voleva sensibilizzare le persone sulla tutela dell’ambiente. Nel 2009 abbiamo realizzato Active Surfaces, ceramica ecoattiva che riduce l’inquinamento. Nel 2018 abbiamo anche annullato le emissioni di composti organici volatili.

E ora c’è la scommessa sull’idrogeno di Iris Ceramica Group.
L’idrogeno è l’unico vero carburante green, se prodotto con energia green. Stiamo realizzando la prima fabbrica a idrogeno verde, che è il carburante delle stelle, e su questo stiamo costruendo uno storytelling. Il nostro progetto prevede un’installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto della nuova fabbrica che sarà a Castellarano, i quali andranno ad alimentare l’elettrolizzatore che a sua volta alimenterà in particolar modo il forno ceramico, che è l’impianto che consuma più carburante, oggi gas metano. 

Insomma avete aperto una nuova strada.
Ci auguriamo che questa iniziativa possa portare i competitor a percorrere la stessa strada creando domanda di idrogeno, perché autoprodurlo è davvero complesso soprattutto per le piccole aziende. Vogliamo segnare la strada verso una direzione nuova.

… Rimanendo attaccati alle tradizioni, come gli inglesi.
Ah, quello sempre.

Di Alessandro Rossi, Direttore responsabile, Forbes Italia

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