Un modo differente di essere Amministratore delegato: l’intervista a Marc Benioff

La prospettiva del fondatore della statunitense salesforce e proprietario di Time Magazine, sebbene anche miliardario hi-tech, attribuisce ai social un’accezione dannosa insieme al fumo e biasima i suoi colleghi manager di ritenere il business una questione meramente di affari. Difensore della crisi come chance di rinascita, è anche appassionato di grattaceli.

Marc Benioff è ampiamente conosciuto per i suoi grattacieli altissimi, gli emozionanti discorsi a Davos e i bizzarri convegni commerciali. Durante il lockdown, però, ha passato le sue serate come milioni di altre persone: partecipando a drink party su Zoom.

«Ho bevuto qualche cocktail con alcuni dei miei clienti, per discutere di come si stavano muovendo», commenta in videochat, esibendo (ma non bevendo) un bicchiere di bourbon rimasto lì due sere prima. Il Ceo e miliardario fondatore del leader statunitense del software Salesforce, Benioff, raramente cerca di evitare i riflettori.

Il coronavirus lo ha obbligato a cancellare Dreamforce, la sua festa annuale a San Francisco, che lo scorso anno aveva ospitato anche Barack Obama, Fleetwood Mac e 300 monaci buddisti. Al suo posto, si è intrattenuto in “chiacchiere del focolare” virtuali con gente del calibro del batterista dei Metallica, Lars Ulrich, e si è cimentato in blitz telefonici a colleghi Ceo e politici per provvedere a prelevare dalla Cina dispositivi di protezione del valore di milioni di dollari per medici e personale sanitario.

Benioff, che si affianca con guru spirituali e leader mondiali, ha predisposto un mindfulness zone su ogni piano degli uffici di Salesforce: ciò si presenta come un tipo peculiare di Ceo, concentrato sulla filantropia e l’ambiente tanto quanto sui guadagni degli azionisti.

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