Marco Bizzarri: «Basta con gli obiettivi timidi, così ho cambiato il mio modo di pensare»

Il presidente e Ceo di Gucci : «Il futuro dobbiamo immaginarcelo per costruirlo o almeno per provare ad andare in quella direzione»

Giugno 2020, una data che Marco Bizzarri ricorderà per sempre: la prima linea Gucci interamente sostenibile.

Provi a immaginarsi fra trent’anni, come la racconterà?

«L’anno scorso, quando abbiamo deciso di fare una scelta radicale, quella di diventare carbon neutral attraverso tutta la catena di approvvigionamento, dai fornitori e dagli stabilimenti fino ai negozi, l’abbiamo fatto proprio perché certi obiettivi ci sembravano troppo timidi e che la scienza non si stesse muovendo abbastanza in fretta. Quest’anno proseguiamo con il lancio di Gucci Off The Grid la nostra prima linea interamente sostenibile. Nel 2050 — l’anno che l’Unione Europea si è posta come obiettivo per raggiungere il traguardo di emissioni nette zero per i gas a effetto serra, obiettivo al centro del Green Deal europeo — sarò “diversamente giovane”, i miei tre figli avranno cinquant’anni: era un traguardo troppo in là nel tempo. Il futuro dobbiamo immaginarcelo per costruirlo, o almeno per tentare di andare in quella direzione. Credo che le cose importanti, nella vita, si sviluppino attraverso un percorso. Una crescita. Come cittadino, prima ancora che come manager, la consapevolezza sull’impatto ambientale è avvenuta gradualmente. Faccio parte di una generazione che ha creato il problema e che non si è spesso preoccupata di considerare gli impatti ambientali come vincolo o scelta prioritaria. Ma l’evoluzione drammatica e quasi impetuosa degli ultimi anni ha radicalmente modificato il mio modo di pensare e la scienza deve essere ascoltata».

Produrre nel rispetto dell’ambiente è più costoso, e la moda, certa moda, è inarrivabile, spesso, a molti. Ma dicono che con il tempo i costi si abbasseranno. È così?

«I valori creano valore. La sostenibilità non è un costo, la sostenibilità è una questione di rispetto. Stiamo cercando di creare valore, che duri nel tempo: i nostri prodotti sono pensati e realizzati per rimanere attraverso gli anni, e in un certo senso per diventare ancora più belli con il passare del tempo. E siamo costantemente sostenibili nelle nostre azioni e nei nostri processi. Lo facciamo per l’ambiente, ma anche per le persone. È la sfida che ho lanciato l’anno scorso ai CEO di altre aziende (Ceo Carbon Neutral Challenge ndr). E se c’è una cosa che questi mesi di pandemia ci hanno insegnato è che a volte un costo immediato per uno sforzo di prevenzione e preparazione — le spese per un sanità efficiente, per la ricerca — farebbe risparmiare i costi immani di un disastro. Risparmiare sui pompieri non è una buona idea se poi scoppia un incendio».

Cosa le suscita ascoltare le parole di una ragazzina come Greta Thunberg?

«Greta e la sua generazione hanno ben chiaro che sul tema dell’ambiente il genere umano sta giocando, ogni giorno, alla roulette russa. Questi ragazzi hanno dimostrato a tutti noi che non fare nulla, restare fermi a guardare, non è un’opzione. La loro energia, il loro attivismo, sono stati sicuramente un catalizzatore. Dobbiamo agire. Tutti. Adesso. E insieme».

Nel gennaio scorso anche lei era a Davos, ha portato l’esperienza “carbon neutral”: cosa ha imparato e insegnato?

«Leggo, quasi ogni giorno, di progetti straordinari. C’è una vasta letteratura ormai in materia di “negative emissions”, progetti volti a risucchiare CO2 — miliardi di tonnellate — dall’atmosfera che a noi, che non siamo scienziati, paiono assolutamente di fantascienza invece sono quasi pronti a essere utilizzati. La verità però è che la tecnologia al momento non permette ancora di essere carbon neutral per un’azienda globale articolata come la nostra. Per questo nel frattempo noi continuiamo lavorare sodo per ridurre il nostro impatto e investire in tecnologia e nuovi processi, utilizzando la compensazione delle emissioni (o off-setting) solo come misura temporanea. Nel 2019 abbiamo ottenuto una riduzione del 21% del nostro impatto ambientale totale rispetto all’anno precedente e abbiamo ridotto le nostre emissioni di gas serra del 18%. Tutto questo grazie ad un lavoro capillare che attraversa tutta l’azienda: abbiamo utilizzato sempre più materie prime riciclate e fibre organiche nelle nostre collezioni. Abbiamo incrementato in modo massiccio i processi sostenibili e l’efficienza produttiva. Sa qual è la cosa che mi ha più impressionato documentandomi sul tema? L’Onu ha stimato in 300 miliardi di dollari il costo per fermare il riscaldamento globale per i prossimi vent’anni. Una cifra enorme? Sì e no. Equivale a due mesi di spese militari di tutto il mondo. E vediamo in questi giorni che genere di budget vengono e verranno impiegati purtroppo per far fronte al Covid-19».

La parola fiducia cosa significa per lei?

«Significa rispetto. Per le persone, per le competenze. Io tendo a dare molta fiducia, molta voce in capitolo alle persone che lavorano con me. È l’unico modo nel quale sono capace di lavorare, il micromanaging non fa per me». La certificazione di “Great place to work”, un’altra bella soddisfazione. Dovesse concretizzarla con un gesto? «La calma, l’empatia, la serietà e l’ottimismo che hanno dimostrato tutti, ma proprio tutti, in Gucci nel corso di questa emergenza, dal primo giorno. Un collega, un ragazzo che lavorava nel negozio di via Montenapoleone a Milano, appena è esplosa la pandemia ci ha spiegato che aveva studiato da infermiere e si sentiva in dovere di fare qualcosa, per aiutare gli altri. Ci ha chiesto di sospendere la sua collaborazione con Gucci per andare a lavorare in ospedale. Siamo rimasti tutti profondamente colpiti da tanta generosità, e tanto coraggio. Gucci è speciale perché è composta da 19mila persone speciali. Non potrei essere più orgoglioso di loro»

.di Paola Pollo Corriere.it 

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