E’ sulle partnership che Lorenzo Cagnoni intende stringere dopo la quotazione in Borsa che si è consumata la rottura con l’amministratore delegato. E non è un segreto che il presidente-parón (come lo ribattezzò Matteo Marzotto) stia da tempo lavorando al difficile matrimonio con la Fiera di Bologna. Un obiettivo che vede impegnati in modo sempre più stringente anche il governatore Bonaccini e il sindaco Gnassi.
Le ragioni personali hanno avuto sicuramente un peso. Ugo Ravanelli, ormai ex amministratore delegato di Italian Exhibition Group, è giunto al traguardo della pensione e siccome può ben dire di aver condotto una onorata carriera, da qualche tempo aveva messo in conto di ritirarsi dalla scena e godersi il meritato riposo, curando le proprie passioni come chiunque altro al termine di una lunga esperienza professionale. Inoltre ha condotto in porto la quotazione in Borsa, un risultato per nulla semplice e scontato, visto che la Fiera da anni lo annunciava ma sempre rimandandola in avanti. Meglio ritirarsi lasciando di sé buona memoria, deve aver pensato.
Ma cos’altro l’ha fatto decidere, peraltro così repentinamente, a dire addio a Lorenzo Cagnoni? Qualcosa l’ha rivelato lo stesso Ravanelli a caldo: “forse manca chiarezza sugli obiettivi futuri”. E ha anche aggiunto che “allargare Ieg ad altri quartieri fieristici è assolutamente necessario, e dentro la società ci sono le competenze per riuscirci”. Le “divergenze”, ha usato proprio questa espressione, “sono nelle modalità con cui realizzare questo progetto”.
Coinvolgere Vicenza è stata una avventura che si è rivelata più difficile di quanto fosse ipotizzabile. La rottura con Marzotto ne è stata la prova evidente. Il socio pubblico di minoranza spesso ha dovuto fare i conti con le decisioni assunte da Cagnoni senza troppa condivisione, e d’altra parte Rimini conta per oltre il 65% e Vicenza per meno del 20%. Ma è da tempo nell’aria un rapporto ben più complicato, rischioso e macchinoso, quello con Bologna. Dopo la quotazione in Borsa Cagnoni pensa si possa tentare l’alleanza, ed è convinto di poterlo fare da una posizione di forza. Ma forse è troppo ottimista.
Prima il sindaco di Bologna Virginio Merola ha fatto il “bullo”: “Bologna è un’ammiraglia, non è un guardia coste per politiche di piccolo cabotaggio locali. Siamo disponibili a collaborare in regione, ma questo deve avvenire tenendo presente il quadro di una fiera che è la seconda in Italia e con grande respiro internazionale”. Così dichiarava circa un anno fa. E per dire il clima che si respirava nel capoluogo regionale, il presidente della Fiera di Bologna Gianpiero Calzolari aggiungeva: “Noi non abbiamo bisogno della Borsa per pagare i debiti”. Merola puntava ad una partnership con Milano, ma non è andato lontano. L’unica collaborazione che immaginava sul piano emiliano romagnolo era quella di “una newco che guardi all’estero e che metta insieme le manifestazioni con marginalità superiori al 25%”. Fine.
Cosa è cambiato nel frattempo? Il governatore Bonaccini continua a lavorare ai fianchi tutti gli attori del sistema fieristico regionale. Del tema ha discusso anche col sindaco di Rimini Andrea Gnassi, pure lui convinto che la holding regionale con Bologna, Rimini e Parma sia il futuro. Di più: ora più che mai è una finalità politica. Si avvicina il voto per rinnovare l’assemblea di via Aldo Moro e il Pd sa che questa volta non sarà una passeggiata rimanere in sella. La Lega incalza. Non a caso Bonaccini sta facendo gli occhi languidi alle truppe penstastellate, cogliendo al volo il matrimonio d’interesse di cui si discute in questi giorni a Roma, pur fra mille incertezze. Bonaccini vorrebbe dar vita alla holding regionale blindando la Fiera di Bologna in vista di un possibile cambio al timone della Regione.
E’ una partita per niente facile, piena di insidie, soprattutto perché giocata sui tavoli della politica. Ai bolognesi Cagnoni non può certo rivolgersi come ai vicentini, cioè: questa è casa mia e qui comando io. Ricordate cosa rivelò Matteo Marzotto quando venne chiamato in commissione a Rimini? Disse che Cagnoni faceva “la spola” fra Rimini e Bologna. E che “per un anno dopo la fusione, il presidente Cagnoni è andato molte volte a Bologna a chiedere di fare la fusione. Lui non lo sa ma anche io conosco qualcuno, che poi mi telefonava e mi riferiva, ed io dicevo a Cagnoni: perché invece di tentare di mettere su questo accrocchio a Bologna, prima non facciamo la quotazione? Per me l’obiettivo era quello di quotare la società e di renderla veramente internazionale”. Ora la quotazione c’è stata e il progetto di Cagnoni marcia spedito. Lui non la pensa come Marzotto, che sulla squadra regionale aveva tranciato di netto: “Non credo che abbia tanto senso parlare del sistema emiliano-romagnolo, sennò ripiombiamo a corpo morto nelle questioncine di cucina locale. Voi immaginate che il sistema emiliano-romagnolo sia il più importante? Ma per cosa?”.
Il futuro con Bologna pare agitasse anche Ugo Ravanelli, che in più, da buon tecnico, probabilmente non se l’è sentita di fare il costruttore e poi il gestore di una macchinina che rischierebbe di essere telecomandata dalla politica emiliana. Adieu. Faites vos jeux. Probabilmente gli è bastata la battaglia combattuta per la quotazione.
Il “parón” Cagnoni per ora ha accentrato tutto nelle proprie mani. Dopo le clamorose dimissioni di Ravanelli (che comunque Cagnoni minimizza) tutti i poteri relativi alla gestione ordinaria e straordinaria di Ieg (escluse quelle materie riservate da statuto alle decisioni dei soci o al board e quelle che rimangono di competenza del cda) sono stati accorpati nelle sue mani. Compreso quello di amministratore incaricato del sistema di controllo interno e di gestione dei rischi. E come richiesto dal codice di autodisciplina adottato dalla società, visto che al momento coincidono le cariche di presidente e di amministratore delegato, il board ha nominato la consigliera Daniela Della Rosa come lead independent director. Si lavora per individuare la figura che ricoprirà il ruolo di amministratore delegato. Con ogni probabilità sarà scelto in base alla strategia delle alleanze pianificata da Cagnoni e inseguita da Bonaccini.