Offerta americana per la Panini, l’impero delle figurine è in vendita

L’azienda è valutata un miliardo e stampa 400 album all’anno. La proprietà vuole mantenere il cuore produttivo a Modena

MODENA  – Una delegazione americana ha preso contatti con il vertice del Gruppo Panini per capire a fondo l’azienda che dal 1954 è sinonimo di figurine dei calciatori in tutto il mondo, stampa le strisce di Topolino e dei fumetti Marvel. Obiettivo: valutare un’offerta di acquisto per rilevare il pacchetto azionario dall’italo-argentino Aldo Hugo Sallustro, attuale amministratore delegato, e dalla famiglia bolognese Baroni.

Lo riporta la Gazzetta di Modena, secondo cui i buyer americani vogliono mettere sul tavolo un’offerta importante. La valutazione dell’impero delle figurine è di un miliardo di euro.

L’ad Sallustro – socio di riferimento del gruppo (entrato in Panini nel 1992 rilevando l’azienda con un pool di investitori italiani, di cui faceva parte anche la De Agostini Editore) – vuole comunque mantenere il cuore del sistema produttivo a Modena. Un’opzione che, forse, i cinesi che si erano fatti avanti mesi fa non garantivano.

Panini – 450 dipendenti a Modena, altri 700 nel mondo e nelle consociate più importanti in Usa, Francia, Inghilterra, Spagna e Germania – ha un fatturato che, mediamente, si aggira sui 550 milioni di euro, con forti up-trend negli anni degli Europei e dei Mondiali di calcio.

L’ultimo bilancio, che l’anno scorso coincideva con i Mondiali in Russia, è particolarmente atteso e, riferisce il quotidiano, non dovrebbe essere molto lontano dal registrare 700-750 milioni di euro. L’anno scorso, sul 2017, il fatturato fu di 563 milioni di euro.

Si calcola che la Panini diffonda sei miliardi di figurine all’anno; in Italia produce una trentina di collezioni, che diventano 400 nel resto del mondo. Già cinque anni fa, nell’anno dei Mondiali in Brasile, era stato affidato un incarico alla banca d’affari Nomura per sondare possibili acquirenti, ma non era arrivato nulla di concreto. Alla gara avevano partecipato soprattutto private equity che, invece, non sarebbero della partita di questi mesi.

Nata nel 1961, con la commercializzazione della prima collezione Calciatori e la stampa della storica figurina numero uno (quella del capitano dell’Inter Bruno Bolchi), la Panini si ingrandisce al punto da raggiungere, negli anni Ottanta, fatturati annui nell’ordine dei 100 miliardi di lire. Nel 1988, poi, la gestione passa dalla famiglia Panini al Gruppo Maxwell che installa un management straniero. La scelta però non paga e, dopo appena quattro anni, la società torna italiana: ad acquistarla, nel 1992, sono la Bain Gallo Cuneo e la De Agostini.

Nel giro di due anni la Panini torna ai fasti del passato: così, nel 1994, subentra Marvel Entertainment Group che conferma management e gestione italiani. Cinque anni più tardi un nuovo ribaltone: l’azienda torna in mani italiane. A perfezionare l’acquisto, l’8 ottobre 1999, è la Fineldo SpA, finanziaria di Vittorio Merloni, insieme al management della società modenese guidato da Aldo Hugo Sallustro che detiene una quota rilevante del capitale. L’ultimo riassestamento proprietario risale al 2016, quando Fineldo lascia e subentrano Anna Baroni e Maria Teresa Baroni.

A vent’anni di distanza si torna dunque a  parlare di nuovi possibili padroni a stelle e strisce per l’impero delle figurine, un colosso che oggi, con società controllate (tra le altre) in America, Brasile, Cina, Spagna, Francia, Messico, Regno Unito e Russia,  distribuisce in più di 120 Paesi.

Secondo quanto riferito dalla società sul proprio sito web, ogni anno Panini produce circa 6 miliardi di figurine. Oltre al settore collectibles, l’azienda è attiva in altri settori. Tra questi il più importante è il publishing, la cui divisione ogni anno crea, modifica, traduce e pubblica circa 7 mila tra fumetti (tra cui Topolino), riviste, opere in fascicoli e libri in Europa, Messico e Brasile. La società opera anche nel ramo della distribuzione.

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