Comunicatore d’impresa: futuro, sviluppi e competenze

La maggior parte degli Amministratori Delegati delle aziende italiane non hanno una precisa visione del profilo del comunicatore. In realtà, la crisi di questi anni ha cambiato parecchi connotati alle organizzazioni e così facendo ha fatto sprofondare alcune professioni nell’oblio generale. Intendiamoci, alla fine la comunicazione serve, è uno strumento, facilita molte scelte opportunistiche anche dei singoli capi azienda, può ritornare utile a scopi personali oltre che professionali. Eppure il manicheismo aziendale sembra aver perso di vista lo sviluppo di questa professione.

Non è un fenomeno difficile da capire. Da una parte, le aziende hanno bisogno magari di semplici operativi, segretari o segretarie, di persone non troppo alte di livello che non diano fastidio. Dall’altra, tuttavia, il mondo cambia velocemente e la lettura di certi fenomeni e la reattività sono essenziali. Chi non ha competenze perde la partita, ma molte aziende se ne accorgono in ritardo perché sono troppo concentrate sui tagli ai costi.

Il comunicatore di oggi non deve venire da Marte. Deve essere un attento interprete di fenomeni del caos, deve avere l’attenzione verso i brand e i suoi destinatari, lo devo interrogare tutti i giorni e manutenere verso gli stakeholders dell’azienda. Oggi siamo tutti chiamati a intervenire sul posizionamento di un’azienda, perché sono i tempi a costringerci a mutare continuamente. E i mutamenti sono dietro l’angolo. Un’azienda non sopravvive se non ha dei continui contingency plans nel cassetto, pronti a muovere le truppe e distogliere gli avversari. Il mercato non ha più la stabilità di venti anni fa e nemmeno di dieci anni fa. Oggi gli investitori guardano alle politiche di long term, alla sostenibilità economica e sociale di un’impresa e alla sua capacità di interpretare i valori dei propri clienti e dei propri dipendenti.

Per questo il comunicatore di oggi non può essere una segretaria o una persona spostata da un settore ad un altro totalmente nuovo. La sua professione è specialistica: guida il linguaggio, comunica verso i media, si attiva nelle fasi di crisis con freddezza e obiettivi precisi, studia il comportamento interno dei propri colleghi e orienta le comunicazioni interne, prende impegni precisi con i propri clienti anche quando sviluppa una campagna pubblicitaria e parla il loro linguaggio. 

Oggi questo comunicatore è in fase di creazione, si sta compiendo, ma non viene ancora riconosciuto dagli ambienti esterni. Questo embrione di professionista si basa sui contenuti e non sull’estetica, ragiona con il management e prende precisi impegni all’esterno, protegge l’aziende dalle tempeste reputazionali ed è un espero di data analytics. Lo stesso monitoraggio dei media consente a questo “marziano” di leggere dei comportamenti e tradurli in azione.

Viviamo ormai in un periodo ricco di stravolgimenti. Eppure tutto ciò che facciamo e diciamo si traduce poi in ansie, paure, terrore perché è il linguaggio che governa l’azione e ci sta esponendo sempre di più al mondo delle FAKE NEWS, al falso, alla realtà falsa.

Le aziende hanno bisogno di questo nuovo comunicatore. Devono solo evitare di utilizzare embrioni sbagliati.

di Renato Vichi
Group Head Media and Sponsorships presso UBI Banca – Communications Executive Senior Manager, journalist, experienced crisis management board member, digital media strategist, social media lab founder

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