Brevetti, Apple perde contro Qualcomm: dovrà pagare 31 milioni di dollari

Il verdetto fa parte di un processo più ampio che vede i due big contrapposti dal 2017 con reciproci scambi di accuse: la sentenza definitiva è prevista per il 15 aprile

Apple dovrà pagare 31 milioni di dollari di danni a Qualcomm per la violazione di brevetti riguardanti una tecnologia che consente agli iPhone, dal modello 7 in poi, di connettersi rapidamente a internet e prolungare la durata della batteria. Il verdetto è arrivato venerdì a San Diego dopo un processo di due settimane che ha contrapposto i due giganti tecnologici, ex alleati e ora avversari.

Il verdetto è però solo una parte di una più ampia battaglia legale che contrappone Apple e Qualcomm, in lite per decidere chi abbia inventato e chi abbia utilizzato in modo fraudolento diverse tecnologie-chiave per il funzionamento degli smartphone. La casa di Cupertino ha infatti pagato a Qualcomm le licenze per l’utilizzo fino al 2017, quando ha intentato causa al partner sostenendo che questi stesse abusando della propria posizione dominante sul mercato dei chip per dispositivi mobili a danno dei produttori, per di più per una tecnologia che non aveva nemmeno inventato. Per questo filone della causa, per il quale la posta in gioco è decisamente molto più alta di quella che c’era sul tavolo a San Diego, la sentenza è prevista per il 15 aprile.

Nella sentenza appena emessa, invece, la giuria ha sposato all’unanimità la tesi di Qualcomm, secondo cui Apple avrebbe dovuto pagare 1,41 dollari per ogni dispositivo mobile venduto per aver utilizzato senza licenza tre brevetti sugli iPhone 7, iPhone 7 Plus, iPhone 8, iPhone 8 Plus e iPhone X.

Discordanti, ovviamente, le reazioni delle due aziende: Qualcomm ha salutato la sentenza come una convalida delle proprie tesi, sottolineando che “le nostre tecnologie sono ciò che ha reso possibile ad Apple conquistare il marcato”, mentre per la Mela morsicata “la campagna in corso da parte di Qualcomm per la violazione di brevetti non è altro che un tentativo di distrarre da questioni più importanti, che riguardano le loro pratiche commerciali negli Usa e in tutto il mondo”.

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