Publicis, ecco come si cresce

Algoritmi? Il sogno di ogni creativo. Da usare senza timori

Il mercato della comunicazione e pubblicità arriverà a valere, nel mondo, più di mille miliardi di dollari in tutto (poco più di 905 miliardi di euro). Ma di tutti questi soldi 580 miliardi di dollari (quasi 510 mld di euro) provengono dal settore tradizionale della pubblicità, che tra campagne stampa e spot tv crescerà al massimo del 4% (fonte Zenith). Invece il contributo delle trasformazioni digitali sarà di altri 350 miliardi di dollari (308 mld di euro) e quello atteso dalle nuove reti vendite (cosiddetto «commerce advertising») di 100 miliardi di dollari aggiuntivi (88 mld di euro). Chi vuole fare new business e crescere, oltre che sui mezzi tradizionali, deve puntare su questi ultimi due comparti: è il consiglio ad aziende, comunicatori e gruppi pubblicitari di Vittorio Bonori, a.d. del gruppo Publicis in Italia (al posto di Emanuele Saffirio) nonché membro dell’executive leadership team di Publicis Media e con un passato da global brand president di Zenith (sempre del gruppo francese guidato dall’a.d. Arthur Sadoun). «Se il settore auto inizia a vendere non solo auto ma anche e soprattutto servizi di mobilità, se le case farmaceutiche si spostano dalle pillole al concetto di benessere e le banche puntano al fintech», afferma Bonori nella sua prima intervista da a.d. tricolore del gruppo, «allora due sono i macro-trend da seguire: il passaggio a un’offerta di servizio da una meramente di prodotto e, poi, la personalizzazione di questi servizi».

Domanda. Facciamo esempi concreti di come promuovere i nuovi servizi?

Risposta. Oggi si promuovono meglio grazie alle nuove tecnologie. Un algoritmo, per esempio, ti fa inviare il messaggio giusto alla persona giusta al momento giusto. Il sogno di ogni creativo… Alcuni algoritmi possono scomporre testi e video per riassemblarli in base ai diversi gusti dei cliente. Altri sono capaci di modificare la pianificazione dei budget in comunicazione in tempo reale, a seconda delle variazioni di perfomance. Altri ancora regolano l’aggiornamento dei prodotti in vendita, minimizzando le rese delle referenze più datate.

D. Tutto molto hi-tech e poco creativo. Il che ha già scatenato molte polemiche (vedere ItaliaOggi del 20/11/2018)…

R. Non capisco il senso delle polemiche. Le nuove tecnologie non screditano la creatività. Non possono generare idee ma implementare l’efficacia di quelle umane ed esaltarne la personalizzazione. Al creativo resta sempre l’ultima parola.

D. Diciamo che con l’uscita di Sorrell da Wpp il mondo creativo sembra alla fine di un periodo d’oro…

R. Forse sta finendo un’era, ricca di grandi cose fatte nel passato, ma a fronte di una vecchia generazione che esce s’impone un nuovo stile che guarda a nuovi territori di conquista. Cosa che prima non succedeva.

D. A proposito di creativi, quando debutterà Marcel, piattaforma lanciata a fine maggio 2018?

R. Marcel permetterà di formare team creativi, selezionando i migliori esperti, settore per settore, prendendoli dall’intero network di Publicis groupe. Al momento è in fase di test, che durerà un anno dalla presentazione. A lavorarci c’è pure un gruppo di italiani.

D. In questa fase di ripensamento del mestiere, si sente la concorrenza dei grandi gruppi di consulenza come Accenture o di piattaforme alla Amazon?

R. Non credo che i gruppi di consulenza facciano o possano fare creatività. Per quel che riguarda Amazon, invece, credo abbia alzato le aspettative dei consumatori. In molte aziende, spesso, le differenti piattaforme di vendita (fisica, online o via telefono, ndr) non sono nemmeno sincronizzate. Così il cliente viene contattato più volte da persone differenti ma della stessa azienda. Il risultato è una cattiva user experience.

D. Quali sono le necessità più frequenti delle vostre aziende clienti? Vi farete fronte anche tramite nuove acquisizioni?

R. Nell’ambito del commercio e rete vendita, molti marchi vogliono diventare rivenditori online ma, come la stessa grande distribuzione, non sanno sempre come approcciare l’ecommerce. Talvolta si parte, addirittura, dalla progettazione di un primo sito. Ma poi ci sono pure le aziende che ripensano il loro intero modello, passando per esempio a vendere non un prodotto ma la partecipazione a un programma. Vanno molto, tra gli altri, quelli dedicati ai neo-genitori o all’alimentazione. Grazie a questi «subscription model» anche i prodotti fisici sottostanti beneficiano di una penetrazione più veloce. Per quanto riguarda le acquisizioni, non sono escluse, magari da quest’anno. Ho già ricevuto il mandato da Parigi.

D. Quali sorprese si aspetta dal mercato che verrà?

R. A livello internazionale, resterà l’importanza della Cina, ma ci sarà presto un nuovo Impero celeste: l’India. Restando in Italia, invece, il paese ripartirà nonostante tutto. La Penisola è richiesta dai clienti. A loro offriamo creatività tricolore, giusto per ribadirne l’importanza, con una spolverata di internazionalità dal nostro gruppo.

D. Perché altrimenti sarebbe una creatività po’ troppo provinciale?

R. Il mercato italiano, come tutti i mercati, ha le sue peculiarità…

 

Italia Oggi

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